Gli occhiali

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TESTO
 
 
 
 
 
Gli occhiali
inedito
 
 
 
Antonio Di Cicco (1931-1989) - Gli occhiali (1961)
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Da tre generazioni gli occhiali s'erano resi necessari per ogni singolo individuo della famiglia Benedetti sin dai primi anni di vita. Era diventato un fatto normale ed automatico. Gli stessi piccoli Benedetti quando a tre o quattro anni finalmente mettevano gli occhiali dimostravano per quell'oggetto che diventava parte del loro corpo una singolare cura.

A memoria d'uomo e per tradizione mai un paio di occhiali era stato rotto o perduto nella vita della famiglia. Aveva cominciato un Aldo Benedetti già 50 anni prima del 1900. Aveva messo gli occhiali a dieci anni e non se li era più tolti dal naso. Ci aveva tenuto soprattutto in gioventù perchè gli era parso che nella professione (era medico) gli occhiali gli davano quell'austerità e quel decoro che altrimenti il corpo magro e i denti leggermente in fuori non avrebbero mai potuto avere. Già da bambini i suoi figli avevano dovuto mettere gli occhiali e l'avevano sempre portati a correggere una certa goffaggine di espressione. Erano un maschio e una femmina ma il maschio era morto a 40 anni lasciando due figlie che erano rimaste nubili ed erano passate a vivere nella casa della zia con la loro mamma anch'essa fornita di occhiali. La zia a sua volta aveva sposato un uomo molto più anziano di lei che a dire il vero portava gli occhiali solo dall'età di quarant'anni e per di più per presbiopia ma le due figlie nate dal matrimonio avevano avuto bisogno già a tre anni dell'oculista a da allora sempre avevano portato occhiali. Delle due figlie di Biancamaria Benedetti, figlia di Aldo, solo la maggiore si era sposata, con un ottimo medico dentista che portava gli occhiali naturalmente e aveva anche gli occhi leggermente strabici. I primi due figli non avevano fatto altro che confermare la regola. A tre anni avevano dovuto mettere gli occhiali. Era come si è detto un fatto normale nella famiglia Benedetti e ora Mazzei. Gli astucci, gli occhiali non avevano mai dato adito a equivoci, a piccoli scambi, incovenienti o seccature. Non era mai successo che qualcuno se li dimenticasse a casa o li perdesse. Non si era mai avuta l'occasione di dire una frase come: ``Mettiti gli occhiali''. Insomma a parte la normale iniziazione dei nuovi arrivati al mondo nella famiglia costituita dalla visita all'oculista per i bambini e alla ordinazione di lenti a gradazione precisa gli occhiali non avevano, al contrario di come si potrebbe credere, mai dato lo spunto a un discorso qualsiasi. Nemmeno a osservazioni sul modo di portarli perchè fin da bambini i rappresentanti della famiglia li portavano al modo degli adulti con immediata e si direbbe spontanea assuefazione. Nè era stata mai notata la differenza tra i componenti della famiglia e gli altri esseri del mondo che per caso vivevano senza occhiali. Infatti le relazioni con gli altri uomini, a parte quelle di lavoro del dentista, erano quasi inesistenti. Non c'era conoscente con cui ci fosse più del buongiorno o buonasera. Il dott. Mazzei poi non era da meno dei veri e propri Benedetti. Abbiamo già accennato che i suoi occhi erano un poco strabici. Ora gli occhiali a lui correggevano anche questo piccolo difetto e li trattava di conseguenza con un rispetto se poi possibile ancora maggiore. Era perfettamente a posto nella casa dei Benedetti. Erano tante donne tranquille, educate, buone ed era per lui un piacere rientrare a casa. Sua moglie, Rosabianca, era poi una perla. Subito dopo il matrimonio gli aveva dato due figli, un maschio e una femmina che dimostravano attaccamento alla famiglia, ne condividevano gli atteggiamenti, studiavano bene, cioè erano sempre promossi a giugno ed ormai erano diventati due giovani belli e assennati. Soprattutto la figlia Giannina era assennata e particolarmente ben composta, piacevole. Non avevano in definitiva, vista l'armonia e la pace costanti nella vita familiare, di che lamentarsi. Il fatto che tutti portavano gli occhiali era una caratteristica fisica, insignificante. La frase: quelli degli occhiali - che i loro conoscenti davano di essi non era mai giunta nemmeno sopra l'aria del pettegolezzo alle loro orecchie.

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I problemi per gli occhiali cominciarono per i Mazzei-Benedetti, quando il terzo figlio del dentista dott. Jacopo Mazzei e di Rosabianca Benedetti arrivò ai quattro anni e l'oculista a cui normalmente era stato portato assicurò che il bambino non aveva assolutamente bisogno di occhiali. Era un fatto assolutamente nuovo al quale non erano abituati. Certo non si potevano mettere al bambino degli occhiali finti per rispettare la tradizione ma appunto il fatto che non aveva bisogno di occhiali era una novità tale che non si poteva ignorare. Gli occhiali per la prima volta divennero argomento di conversazioni animate, di discussioni sul come mai il piccolo Alberto non aveva bisogno di occhiali. Per un certo periodo non si pensò ad un fatto normale per il bambino.

Il dottor Mazzei per la prima volta da quando si era sposato accennò al suo lavoro di odontoiatra abilissimo per fare un paragone tra la bocca e gli occhi degli uomini. Disse essere gli occhi come la bocca: come i denti potevano cariarsi sin dalla più tenera età oppure resistere bianchi e saldi fino a un tempo indeterminato, così la potenza del visus poteva affievolirsi prima o poi nella vita dell'uomo. Prima di dieci anni assicurò il bambino avrebbe avuto bisogno degli occhiali e tutto sarebbe tornato nella tradizione. Era la prima volta che il dott. Mazzei parlava quasi scientificamente e il suo discorso per qualche tempo troncò la discussione.

Ma ben presto questa sicurezza cadde. Il piccolo dimostrava proprio di essere diverso da tutti gli altri componenti della famiglia. A dodici anni era un ragazzone alto e grosso, biondo, con un gran torace, leggermente femmineo come forme ma forte e robusto come un torello. E la vista: d'aquila. Meravigliava sempre tutti per la potenza del visus: leggeva le scritte sulle targhe delle automobili o sui cartelli stradali a distanze inverosimili. Pure con tutto ciò ancora non si erano abituati a questa sua differenza fisica. Differenza fisica che era pure differenza di temperamento. Ai mogii Mazzei-Benedetti quieti, ordinatissimi, tutti casa e lavoro, si contrapponeva l'inquietezza di Alberto. I genitori, il fratello, la sorella, la zia e la nonna ritrovavano per lui la frase sconosciuta nella famiglia: una ne fa e cento ne pensa. Erano preoccupati per lui: che non portasse occhiali pareva significasse che quel ragazzone bello e biondo dovesse incontrare così esposto, senza schermo, molti più fastidi e contrarietà degli altri. Qualche volta pensando al suo futuro i Mazzei-Benedetti sospiravano e la nonna si segnava scongiurando per lui tutte le avversità.

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Nella primavera in cui Alberto compie dodici anni il giovane ebbe una crisi che pareva giustificare i timori dei suoi cari. Prese il morbillo in forma piuttosto violenta e dovette stare a letto per più di un mese perchè il morbillo gli aveva lasciato gonfie tonsille infiammate. Il dott. Mazzei riprese i testi di medicina ma soprattutto chiamò uno specialista che riuscì a stento a tranquillizarli. ``Non è niente, suvvia - disse -. Non dovete fare così, al massimo, proprio per essere prudenti, fategli fare un mese di mare e se poi le tonsille dovessero continuare gliele toglieremo.'' I Mazzei-Benedetti sbiancarono per l'augurio. ``Ma vedrete che non ce ne sarà alcun bisogno '' - disse il professore -. L'idea delle vacanze al mare piacque ad Alberto che non c'era mai stato per tutto un mese. Anche i suoi decisero di fare le vacanze, tutti insieme come al solito, con lo spirito di chi si appresta a compiere un sacrificio necessario. Si rinnovò un intero guardaroba. Non erano i mezzi che mancavano alla famiglia. A parte il patrimonio piuttosto considerevole di casa Benedetti il dott. Mazzei era un odontoiatra rinomato, uno di quei professionisti dalla carriera sicura, solida, remunerativa perchè basata sul concetto: non sembrerebbe ma è un dentista meraviglioso.

Scelsero una spiaggia tranquilla, comoda, dal fondale basso e non pericoloso. Perchè Alberto aveva già messo le carte in tavola: avrebbe fatto tutti i giorni il bagno e avrebbe imparato a nuotare e a tuffarsi. E in effetti così era stato. Già dai primi giorni il dott. Mazzei in serio costume a calzoncini e il figlio grande Andrea, la moglie la zia e la nonna in vestaglia lunga fin sotto le ginocchia guardavano i progressi del loro Alberto che faceva il bagno e arrivava già dove l'acqua lo copriva fino al collo. Dopo una settimana passata alla spiaggia Alberto aveva imparato a nuotare.

Colorito, abbronzato e con gli occhi penetranti, appena felici, con la corporatura atletica e perfetta era un ragazzo bellissimo, ansioso di divertirsi quanto più era possibile. Anche i suoi genitori che pure prima spesso lo avevano contrariato, che avevano cercato di indicargli la via più quieta, ed insomma avevano cercato di imporgli il loro modo di vedere la vita, ora lo lasciavano fare, affascinati dalla sua abilità, dalla sua grazia, dalla sua decisione. Avevano paura per lui ma cominciavano a pensare che tutto gli sarebbe riuscito nella vita. Volle la maschera col respiratore, e gli fu subito comprata; poi volle il canotto di gomma con la pagaia scomponibile e questa volte disse che non si trattava di un aggeggio come la maschera per guardare il fondo del mare, ma di un mezzo marino di salvataggio. Il canotto non richiese neppure un'apparenza di consiglio di famiglia. Gli fu comprato, solido, della migliore qualità, con una stupenda pagaia scomponibile. Poi vennero le pinne, il fucile di cacciatore subacqueo e tutto ciò che il ragazzo volle riguardante il mare. Dovettero affittare per gli ultimi 10 giorni una seconda cabina per mettervi tutto il corredo marinaro di Alberto. Si accorsero che non potevano negargli più niente. Che d'ora in poi non avrebbero più potuto indirizzarlo ma che si sarebbero potuti soltanto limitare a compiacerlo. Lo trovavano capriccioso ma pieno di ardimento e di personalità.

E il giorno in cui Alberto si allontanò tanto dalla costa con tutto l'armamentario sul canotto, che loro a stento potevano vederlo, quando poi tornò, bagnato con le goccioline di salsedine che brillavano al sole come tanti zaffiri, scese agilmente portando il canotto sulla testa, allora quando il padre prese il suo fucile, e la mamma la maschera, e la sorella l'accappatoio, e la nonna la pagaia scomposta in due pezzi, mentre zia e fratello lo seguivano un poco imbambolati col giornale piegato in mano; in mezzo a loro tutti vestiti fin sulle ginocchia, con copricapo e occhiali, Alberto appariva come una divinità. Mentre Alberto faceva la doccia e i muscoli guizzavano sotto la pelle e il padre e la madre lavavano il canotto sporco di sabbia, e la nonna puliva i due pezzi della pagaia, i Mazzei-Benedetti, per la prima volta, conobbero la indicibile felicità.




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On 7 Mar 2001, 10:57.

 
 


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Nota


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Andrea Di Cicco